La mischia è un equivoco linguistico

Ripubblichiamo un articolo scritto da Roberto Belliero nel 2017.

La mischia è un equivoco linguistico” diceva Marco Paolini in uno dei suoi monologhi sul rugby.

In italiano mischia è sinonimo di zuffa, di rissa, di tafferuglio, mentre nel gioco del rugby è uno dei movimenti più ordinati e regolati che ci sia.

Ma cosa pensa un giocatore di rugby in mischia?

Probabilmente nulla, probabilmente pensa solo a spingere.

Forse penserà “ecco adesso la palla entra ed io debbo dare tutto per conquistare quei pochi centimetri di erba affinché i miei compagni possano recuperarla e poi giocarla nuovamente”.

Invece no, un giocatore in mischia ha un unico pensiero, quello di stare più unito possibile ai suoi compagni, che gli danno forza, sicurezza, perché quegli otto corpi devono diventare un corpo solo, una cosa sola, un’unica spinta. Assieme non ci si fa male, assieme si superano gli ostacoli, assieme si raggiungono gli obiettivi.

E cosa pensa un ragazzo che ha grandi problemi, insormontabili a volte? Che per una vita viene deriso, bullizzato, maltrattato. Solo perché diverso, perchè balbetta, perché è timido, perché fa fatica a comprendere anche le più piccole cose o i più semplici gesti di ogni giorno. Perché ha un corpo ingombrante, o perché diventa violento tutte le volte che non riesce ad esprimere la propria vita o i propri desideri?

Pensa “io mi trovo bene in una mischia, mi sento protetto, mi sento uno come tutti gli altri. Perché dove non arrivo io i miei compagni mi aiutano”

Mi son chiesto molte volte, durante le fredde e piovose sere d’inverno passate ad allenarmi sul campo di Settimo, cosa possa spingere un ragazzo down, un uomo con disturbi della personalità, ragazzi con lesioni celebrali ad affrontare le fatiche di un allenamento duro, fisico, fatto di contatto, di lotta, di forza, ma anche di velocità, di amicizia e di supporto.

Probabilmente il sentirsi accettati, probabilmente il riconoscimento di un ambiente sereno, amichevole che ti fa sentire protetto, che ti permetta di confrontarti con le tue paure e di superarle, ma mai da solo.

Tutto questo, insieme alla gioia dello svago, del gioco, della complicità, dell’amicizia, sono i principi che cerchiamo di trasmettere con questo magnifico sport ai ragazzi speciali che compongono la nostra squadra.

Ad ogni giocatore straordinario corrisponde un altro giocatore in grado di sostenerlo, di aiutarlo o semplicemente di incoraggiarlo. Perché dalle mani di tutti, attraverso i progressi di ognuno passa la palla che verrà portata in meta.

 

 

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