nulla su di noi senza di noi

Ripubblichiamo un articolo del 2016 scritto da Enrico Colzani, in occasione della partecipazione di alcuni nostri giocatori al corso di formazione per allenatori ed animatori organizzato dal Comitato Piemontese della F.I.R.

 

“nulla su di noi senza di noi”…

Proverò a scrivere una storia, i cui protagonisti sono tre ragazzi. In verità vorrei che a scriverla fossero, i veri protagonisti di quest’esperienza, ma non potendolo fare mi offro come loro narratore.

Enrichetto, Sergio e Vittorio, questi i loro nomi. Sono giocatori di rugby, alcuni dei tanti atleti che costituiscono una squadra veramente particolare, la mia.

Io mi chiamo Enrico Colzani e sono il loro allenatore, da sempre, sin dall’inizio di quest’avventura.

Tutto è cominciato sette anni fa, quando ad un piccolo gruppo di educatori è venuta voglia di lavorare con il rugby, sport già molto presente nelle nostre corde e nel nostro DNA; ma non come dirigenti o allenatori di una squadra che produce campioni e gioca nei campionati, bensì da persone che lavorano con la disabilità tutti i santi giorni, come me.

Abbiamo pensato da operatori, da educatori, da psicologi, che giocano e vivono il rugby “nel loro tempo libero”; con l’idea fissa di dare spazio alla disabilità, di inventarlo da zero se fosse stato necessario, ispirandoci ad un modello che a quel tempo era tutto da pensare, tutto da costruire, il Mixed Ability Rugby.

Non è rugby speciale, non è sport adattato: si gioca a rugby e basta, ciascuno con la propria capacità ed i propri limiti. La squadra si compone di giocatori disabili e non disabili che si allenano e giocano assieme, duramente (i normoabili sono facilitatori di gioco), sfidando squadre normodotate con le regole del World Rugby!

Poi, abbiamo incontrato la realtà internazionale, con inglesi e gallesi, irlandesi scozzesi e francesi…manco a farlo apposta un Sei Nazioni di progettualità e voglia di sperimentarsi. E così il modello di rugby Mixed Ability è venuto alla luce, con i primi incontri, con le prime sfide e con il primo campionato mondiale (torneo che si è giocato a Bradford, in Inghilterra, nell’agosto 2015 con ben 12 squadre da ogni parte d’Europa e anche con rappresentanze Argentine).

Ma torniamo ai nostri tre protagonisti. Vi chiederete, perché parlare di loro? Perché della loro esperienza come giocatori al mondiale, della loro vita sportiva dovrebbe interessarvi o quantomeno solleticare la vostra curiosità? Beh non sono tanto le loro capacità atletiche che dovrebbero suscitare in voi ammirazione o interesse, ma il loro desiderio d’impegnarsi che va oltre al sudore ed alla fatica sui campi di gioco.    Perché la loro ambizione era quella di trasmettere ad altri ragazzi la loro esperienza, la loro passione e sentirsi ancor più parte attiva di uno sport veramente unico. Per questo mi hanno chiesto di poter partecipare ad un corso di formazione per allenatori ed animatori organizzato dal Comitato Piemontese della F.I.R.

Così sono partiti, accompagnati da altri due nostri “facilitatori”, sono andati a Novara per un week end, per le ore necessarie, ottenendo il brevetto da animatori regionali. Credo siano i primi in Italia a raggiungere questo traguardo. La disponibilità da parte del Comitato Piemontese F.I.R. si è rispecchiata nel livello di preparazione e di competenza di questi nostri mates, compagni. Le parole di Adriano Moro, docente e formatore F.I.R. che ha tenuto il corso, sono state entusiaste e lodevoli. In questo senso è già bello avvertire la certezza di aver fatto un buon lavoro per rendere questa risorsa disponibile, di aver contribuito alla realizzazione di un loro piccolo sogno.

In tutti questi anni ci sono mancate tante cose: a volte l’equipaggiamento, a volte i soldi per la trasferta, o per un defibrillatore… proprio come accade in tutti i club di rugby in Italia e nel mondo. Ma quella che c’è mancata a volte è la comprensione, da parte degli altri (anche degli stessi colleghi educatori o le istituzioni), di ciò che stavamo facendo.  Ma poiché non siamo mai stati autoreferenziali, in tutti i casi abbiamo cercato di superare questi limiti dando voce a chi aiutiamo ad aiutarci, dando ai nostri compagni di viaggio il potere di decidere cosa è giusto e cosa non lo è. La frase celebre dichiarata durante un incontro internazionale da parte di alcune persone disabili diceva “nulla su di noi senza di noi”…

E dunque il lavoro si è fatto complesso, però finalmente si parla di inclusione sociale dei disabili così come lo abbiamo sognato sette anni fa. Non solo si abbia libero accesso alle strutture sportive, ma con noi l’accesso è alla vita del club, di squadra, dove potersi dire e rappresentare. Per come si è, come si riesce o si vuole esserlo, esattamente come vale per qualsiasi persona. Senza pietismi, classificazioni a priori su cosa si può permettere di fare o meno. E così, chiedo scusa per la lunghezza, siamo arrivati ad oggi.

Ma ancor più bello è l’essenza del risultato. Per noi del Chivasso Rugby Onlus potrebbe sembrare la normalità, ma ha entusiasmato tutti questo grande risultato. Questi giocatori disabili esperti sono diventati formatori, e lavorano nelle classi del progetto federale scuola “Rugby per tutti” coordinato da Christian La Rocca, e poi sui campi di Settimo e di Chivasso dove seguono squadre della Propaganda. Trovando nell’insegnamento ai più piccoli una vera vocazione, come risulta dalle loro parole (e dalle emozioni che comunichiamo). Pienamente inseriti nel Progetto di rugby sociale chiamato Rugby Mixed Ability.

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